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U scogghju a Hijocca.

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Dopo aver letto l’articolo “U timpuni da Hijocca” pubblicato qualche giorno fa, mi è ritornata in mente una leggenda che mi raccontava sempre mia nonna durante la mia infanzia. Questa storia, ha molte similitudini con il racconto trattato nell’articolo di cui sopra; è una storia che spesso gli adulti raccontavano ai bambini. Nel corso degli anni 80, numerose volte ho assistito al racconto insieme a miei coetanei dagli anziani del paese.

Allora eravamo bambini e lo straordinario Scogghju (masso roccioso di notevoli dimensioni) di cui vi sto per parlare, si trovava a qualche Km di distanza dal nostro paese. Caroni è una frazione del comune di Limbadi in provincia di Vibo Valentia, che conta circa 500 abitanti ed è situata a circa 250 m di altezza; per raggiungere il maestoso masso, dovevamo percorrere a piedi un bel pezzo di strada fino alla località chiamata “Petti i Bumbula”, una zona situata sel versante sud di Monte Poro (710 m), da dove più volte all’anno, in giornate chiare e nitide, la natura consente di ammirare materializzandosi in un incantevole panorama l’imponente vulcano siciliano “l’Etna”, in uno sfondo da coreografia teatrale alla cui vista è suscitata la voglia di raggiungerlo con le mani.

Ancora oggi penso a tutte le volte che abbiamo organizzato la spedizione verso il famigerato Scogghju a Hijocca (Roccia della Chioccia) e penso a tutte le volte che non siamo mai riusciti a raggiungerlo, principalmente a causa della nostra tenera età, ragione per cui ci ha impedito di percorrere il tragitto non oltre la sua metà, proprio in quel periodo della nostra infanzia.

La leggenda vuole che l’escursione allo scoglio deve soddisfare un requisito, iniziare il percorso a piedi dal proprio paese con un melograno tra le mani, che deve essere mangiato strada facendo. Colui che riesce a raggiungere lo scoglio senza aver fatto cadere per terra nemmeno un chicco di melograno, riceverà la capacità di aprire la famosa roccia e poter liberare dal suo interno, il tesoro costituito dalla famosa "Hijocca d’oru" (chioccia d’oro), dai "puricini d’oru" (pulcini d’oro) e da tanti altri oggetti preziosi.

A distanza di diversi anni, sento ancora il rammarico per non esser riuscito a vedere questo masso durante quel periodo, considerato che dalle ultime notizie che mi sono giunte (attendibili ma privi di conferma), il terreno dove era posto lo scoglio è stato soggetto a sbancamenti.

Dai racconti popolari dell’Antico Calabrese, veniamo a conoscenza che su tale scoglio, erano impresse alcune impronte dei bipedi ed una impronta di una donna, che l’antico saggio imputa appartenere alla Madonna.

Confido in chiunque possieda altre informazioni a riguardo, per conoscere ulteriori dettagli della leggenda du "Scogghju a Hijocca"

Paolo Barbalace


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